Monday, July 23, 2007

squallore e delirio a Ravenna


Quello che è successo a Ravenna tra il 18 e il 20 luglio è quanto di più squallido e triste (ma anche tragicomico, volendo) sia mai accaduto in quel paese (o almeno così mi riferisce chi è di Ravenna). La sera di mercoledì 18 luglio si inaugurava, in ambito Ravenna Festival, quello che da mesi veniva definito l'Anfiteatro di Marinara (luogo su cui cominciava ad aleggiare una sorta di mistica leggenda, non avendolo mai visto nessuno, nemmeno a un mese dalla sua inaugurazione...), con il concerto di Pat Metheny e Brad Mehldau. Bene. Io c'ero, e la prima cosa che mi ha riempito di gioia è stata constatare quanto ottimismo e fantasia regnino ancora nel cuore di certi personaggi: l'"anfiteatro" infatti altro non si rivela che una tribuna di tubi Innocenti e una stesa di sedie di plastica su di un enorme, orrendo parcheggio appena bitumato. Comunque. La cosa ben più agghiacciante avviene dopo due tre pezzi del concerto, quando Metheny, proprio su di un tenuissimo attacco di chitarra acustica, si trova sovrastato da un sottofondo tipo techno proveniente da chissà dove (ma il mercoledì è notoriamente la serata con più feste nei bagni di Marina di Ravenna, lo sanno anche a Napoli) che rende il tutto alquanto incongruente. Certo, la situazione migliora con l'ingresso sul palco di basso e batteria, ma ad ogni calo di ritmo il tunz tunz incombe sull'"Anfiteatro". Morale, alla fine del concerto Metheny esce, ringrazia il pubblico e dice, testuali parole, "Avremmo suonato anche tutta notte, ma è davvero impossibile competere con una discoteca, e questo lo voglio dire chiaramente a chi gestisce questo posto. Voi siete stati meravigliosi, ma credo che stasera siate stati tutti fregati (cheated)". Mica cazzi, detto da uno che di solito se la suona bello tranquillo senza mai atteggiamenti alla Keith Jarrett. Comunque, tutti, a questo punto, ci si chiede come finirà la serata di venerdì 20, cioè due giorni dopo, con Paolo Conte che deve esibirsi nello stesso "Anfiteatro". Si ipotizza uno spostamento al Pala de Andrè (ma poi no, perchè altrimenti che figura di merda ci fanno il Festival e la nuova struttura di Marinara, che avrà pagato trillioni di euro per agganciare la propria immagine al Festival?). Ergo ecco la soluzione: un'ordinanza ad hoc del sindaco di Ravenna per vietare qualsiasi tipo di attività musicali nei bagni di Marina di Ravenna la sera del concerto. A parte lo schifo di una mossa del genere, mi chiedo se una roba del genere sia anche solo minimamente costituzionale/legale. Come si fa a dare per legge più potere ai diritti di un imprenditore (dunque di un cittadino) rispetto a un altro? Da quando i diritti di Ravenna Festival, almeno alla luce del sole, valgono di più di quelli del bagno XY? Ma poi andatevi a leggere l'ordinanza del sindaco sul sito del comune di Ravenna. Roba da cabaret puro. A chiudere poi in bellezza questa bella vicenda, la solita patetica stampa locale, che non ha aperto bocca. Anzi, ad un mio caro amico che si trova nella sconfortante posizione di scrivere per uno di questi "giornali" locali, è stato addirittura censurato il pezzo in cui riportava le dichiarazioni di Metheny. Se qualcuno credeva ancora che in Italia si vivesse in uno stato di diritto, wake up.

Tuesday, July 10, 2007

Calci e sputi e colpi di testa


Dieci o dodici anni fa, ora non ricordo, vagando per bancarelle di libri usati ho visto e acquistato il libro di Paolo Sollier. Un'autobiografia sgangherata, certo genuina e sincera ma non certo un libro che passerà alla storia della letteratura. Mi fece uno stranissimo effetto leggere questo libro. Un calciatore marxista-leninista che militava nel Perugia (addirittura con un anno di serie A alle spalle). Mi sembrava che queste parole e storie arrivassero da un altrove, che non fossero passati "solo" venti o venticinque anni da quei racconti ma che si stesse parlando di un'Italia "marziana" rispetto a quella di oggi. L'impegno politico nel quotidiano, una militanza e un ideale che potevano dare ancora un senso alla propria esistenza. Poi sono venuti gli anni ottanta e tutto questo nel bene e nel male non è più esistito.

Copio e pubblico dall'introduzione di un'intervista con Sollier datata 1978: "Certo è — dicono a Perugia — che un giocatore come Sollier se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo. E dopo averlo inventato — concludono — può giocare solo nella squadra di Ilario Castagner. Sarà; resta il fatto, però, che almeno sulla carta il connubio è dei più felici: rossa naturale la città, rosso il Comune, rossa la Provincia e super-rossa la Regione, E poi lui. Paolo Sollier, 28 anni, universitario (prima iscritto a Scienze politiche, poi a Legge), il più rosso di tutti. All'inizio fu un marxismo puro e pressoché ideologico (veniva chiamato Ho Chi Min) adesso passato ad una milizia più concreta di extraparlamentare di sinistra. Attenzione, però: il suo comunismo è fede pura, è convinzione maturata ed accettata consapevolmente e non ha niente a che spartire con quello che molti (troppi) hanno riscoperto dopo il 15 giugno per piacere o per paura.
Piemontese puro sangue (è nato a Chimonte nel gennaio del 1948) ha evidenti le stimmate del contestatore impegnato: barba, baffi e pugno chiuso. Nell'ultima partita del girone di andata al Comunale di Torino, prima del fischio d'inizio, si è piazzato al centro del campo ed ha salutato levando alto il pugno destro, proprio sotto il naso di Umberto Agnelli, Dicono che il «reuccio» abbia sorriso. Certo è che quando al quarto d'ora della ripresa Damiani ha segnato, l'intera FIAT ha tirato un sospiro di sollievo. Lui, tuttavia, è tranquillo, coerente: non cerca il gesto plateale, ma vorrebbe che questo fosse chiaro a tutti"

Saturday, July 07, 2007

Gordon Matta-Clark




Gordon Matta-Clark nasce a New York nel 1944 e scompare a soli 35 anni nel 1978. Il suo percorso artistico nasce nella New York dei primi anni settanta, all'interno del collettivo Anarchitecture, di cui, tra gli altri, furono membri Laurie Anderson e Richard Nonas. Sin dai primi esperimenti Matta Clark impronta la propria attività sui criteri della destrutturazione, della rottura, dello spostamento fisico e semantico di elementi architettonici, creando forme innovative di convivenza tra l'uomo e il reale. Un dialogo fra arte, architettura e pensiero filosofico, soprattutto nel suburbio di grandi città, intaccando edifici con squarci che si aprono allo sguardo.
I suoi interventi su edifici abbandonati non sono stati conservati e il suo lavoro ora esiste solo grazie alla documentazione fotografica.